Finita la guerra troverà le porte chiuse e ricomincerà la solita vita di collaborazioni futili e sterili, sopravvivenze quotidiane, traduzioni di poco conto, rielaborazioni di vecchi scritti. Passerà gli ultimi anni a Latte di Ventimiglia, morirà povero e solo a Caramagna.
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Sono passati quattro anni da quando lo scrittore ha raggiunto la capitale, anch’essa profondamente trasformata sotto il giogo fascista. Se durante i primi anni la vita nella capitale risulta essere ancora tutto sommato sopportabile, a partire dal 1943 le cose si fanno più complicate.
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Nel 1939 Luigi Alessio si trova a Caramagna, presumibilmente tornato per riabbracciare la famiglia. Il coinvolgimento dell’Italia nel secondo conflitto mondiale lo convince a restare
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Luigi Alessio approda a Parigi, a Montparnasse, negli anni ’20, la sua è una discesa rocambolesca e confusa nei meandri della miseria, della fame più nera, dell’autodistruzione fisica e morale.
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I primi anni ’20 sono anni frenetici per Luigi Alessio, contrassegnati da una collaborazione giornalistica con La Stampa, la facoltà di Legge e la fondazione della rivista Teatro e della casa editrice Rinascimento.
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A diciassette anni, all’alba di un giorno di primavera del 1919, ricoperto di stracci e senza un centesimo, Luigi Alessio parte per unirsi a D’Annunzio e ai suoi legionari sulle rive dell’Adriatico, nella città di Fiume.
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Dei primi nove anni di vita di Luigi Alessio, in quel di Caramagna, sappiamo poco. Alcune, dolorose e splenetiche tracce, le troviamo nel romanzo In grigio e nero.
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