Dramma in tre atti pubblicato sul numero di dicembre della rivista «Teatro», diretta dallo stesso Alessio, La casa dei ricordi assume le tonalità oscure e melanconiche di un pietoso ménage à trois in cui a dominare sono le atmosfere rarefatte di una casa sul mare immersa nella nebbia, sede di tragici ricordi e insperate vite future.

Federico è un astronomo ormai in pensione, relegato in quel “carcere di brume e di rocce” dal quale è impossibile osservare il cielo nella sua nitidezza. Un uomo di scienza, un genio le cui ambizioni lo hanno portato a credere di poter ricavare dal moto degli astri le soluzioni al segreto della vita. Un sogno dovuto alla perdita del figlioletto di due anni, morto proprio in quella casa sul mare, covo di fantasmi e memorie indelebili per Federico come per sua moglie Elda, donna bellissima e infinitamente sola.

Elda vive al capezzale del marito valetudinario, sempre più incline alla follia e alla misantropia, sacrificando la propria giovinezza e la possibilità di rifarsi una vita insieme a Carlo, lo straniero vagabondo ospitato per qualche tempo nella dimora dei due e perdutamente innamorato di Elda.

Carlo, pur stimando Federico, vorrebbe che Elda lasciasse il marito al suo destino e partisse con lui alla volta di una terra promessa e di una nuova vita, invece di sfiorire di giorno in giorno al ricordo di una terribile perdita e di un presente altrettanto desolante. Anche Elda è innamorata di Carlo ma le sofferenze patite e la sua dedizione verso il compagno d’una vita l’hanno portata a un livello più elevato di coscienza rispetto allo spasimante. Elda smonta ogni tentativo di Carlo, annientandone il desiderio offrendogli un corpo privo d’impulso vitale e dimentico della propria femminilità. Elda si annienta, potremmo dire, coscientemente: in parte per fedeltà all’uomo che ha sempre amato e col quale ha condiviso gioie e sofferenze, in parte per aver raggiunto una consapevolezza che non può essere smontata. Elda non crede all’avvenire, non ha illusioni né speranze. Certo, la perdita di un figlio cambia per sempre il cuore della madre che lo ha tenuto in grembo, ma qui l’autore vuole forse indurci a esaminare la coscienza di chi è pervenuto a ripudiare l’amore tra uomo e donna considerandolo come un sentimento inutile, del tutto sopravvalutato. Elda ha vissuto quel sentimento e lo vive ancora, combattuta tra due uomini, ma il suo è divenuto piuttosto un desiderio di natura spirituale. È convinta, come Carlo, che le loro anime si siano incontrate perché entrambe solitarie, esiliate dal mondo e propense a un dialogo silenzioso. Vorrebbe mantenere il contatto con lo straniero su questo piano, evitando ogni altra forma di unione perché timorosa di deturpare la purezza del sentimento. Anche Federico ha colto l’attrazione che lo straniero prova per la moglie e invita Elda a concedersi e a rifarsi una vita.

Struggenti sono le conversazioni tra i due coniugi: Federico, ormai diretto su un binario a senso unico, alla fine dell’opera non riesce davvero a separarsi dalla moglie e anela a un’ultima briciola di calore umano; Elda lascia andare Carlo e vede morire Federico senza poter salvare né lui né se stessa, arrivando a cogliere in un attimo di lucidità la tremenda solitudine della sua vita futura; Carlo, infine, è anch’egli un anima tormentata: vaga di città in città senza sapere cosa cercare, dove andare, cosa fare. Intende vivere, Carlo, e nello spirito inquieto e al contempo rassegnato di Elda intravede un mistero che lo affascina e lo irretisce. Vorrebbe salvarla da quella tomba in cui ha deciso di rinchiudersi ma ogni suo tentativo si rivela vano. Elda non vuol essere salvata e sembra non nutrire alcuna passione. La notte passata insieme è angosciante per entrambi, carica di dolore e indifferenza.

Il dramma si chiude dunque con i tre personaggi che vivono ciascuno il proprio destino, separandosi senza mai più rincontrarsi. In ognuno di essi non è difficile riscontrare un frammento della personalità dell’autore, che più volte attinge alle proprie vicissitudini per costruire la fisionomia e i ricordi dei protagonisti. L’”uomo delle stelle” Federico, come Alessio, cerca di piegare la razionalità al servizio dell’ineffabile, dell’incomprensibile, tentando di trovare una risposta ai grandi enigmi dell’esistenza senza riuscirvi e giungendo, infine, al suicidio. Elda rappresenta forse la madre che Alessio non ha mai avuto: donna elegante e generosissima, attanagliata dai ricordi che le solcano l’anima in tempesta come una nave destinata ad affondare nell’oblio, capace di riflessioni profondissime e ormai incline a sopportare le indicibili sofferenze dell’esistenza piuttosto che avvalersi di labili antidolorifici sentimentali. Infine Carlo, il nomade, il pellegrino, colui il quale sembra sbattuto dalla corrente prima in un porto e poi in un altro, sempre alla ricerca di un cuore che possa combaciare col suo. Smarrito dalla perdita di un amore, Carlo tenta di ritrovare un poco di felicità senza esitare, schierandosi dalla parte della vita. Per questo, forse, Alessio gli riserva il finale meno drammatico e più esposto a nuove possibilità: Carlo parte e non si volta indietro, deciso a continuare il proprio cammino, lasciando dietro di sé una scia di emozioni intense e di ricordi. Quegli stessi ricordi ai quali i tre protagonisti, in un modo o nell’altro, sembrano impossibilitati a sfuggire.