Nei primi anni ’20 Luigi Alessio e sua moglie Caterina si trasferiscono a Torino, dove nascono le figlie Angiolina e Mirella. Per Alessio si tratta di anni frenetici, contrassegnati da una collaborazione giornalistica con La Stampa, la facoltà di Legge e soprattutto la fondazione della rivista Teatro e della casa editrice Rinascimento.
Sono gli anni delle amicizie e collaborazioni con Piero Gobetti, Pitigrilli, Adriano Tilgher, Fillia. Durante questo periodo Alessio, oltre a dirigere la rivista e la casa editrice, scrive diversi soggetti teatrali, tra cui La tomba di cristallo (1925), La casa dei ricordi (1925), Il teatro dell’ideale (1928) e L’incendio della foresta (pubblicato in volume dall’editore Formica nel 1930).
Ma prima della felicità ci sono la strada, la fatica e la miseria. Rientrato in patria dopo l’avventura dannunziana Alessio prende a vivere, come molti reduci, all’addiaccio. Campa di impieghi saltuari, mal pagati e sfruttati. Si batte spesso fisicamente con i colleghi di lavoro, rappresentanti di quel sottoproletariato urbano, giungla di ipocrisie e sopravvivenze, dove conta solo la legge del più forte. La Torino del Dopoguerra è infatti segnata da una netta divisione in classi, separate, oltre che dalle condizioni sociali, dalla lontananza geografica.
I ceti subalterni sono confinati nelle barriere e nei borghi e la loro distanza dal centro viene percepita come un’ulteriore segnale d’inferiorità rispetto alla borghesia cittadina.
La mancanza degli alimenti di prima necessità, il rincaro dei prezzi e lo sfruttamento delle condizioni lavorative degli ultimi sfocia in associazioni e movimenti che spesso portano a violenti scontri con l’esercito. La causa del partito socialista, grazie a Gramsci e alla sua rivista «L’Ordine Nuovo» (1918), diventa d’interesse nazionale.
Dopo il ’20, però, i partiti socialisti perdono terreno, l’establishment si ricompatta e il movimento fascista inizia a prendere piede. Saranno proprio i ceti borghesi, con l’acquiescenza e il favoritismo del ceto operaio, a consentire l’ascesa del regime mussoliniano nella prima capitale d’Italia. E sarà in particolare la facoltà di Giurisprudenza, considerata come la più autorevole del regno, a forgiare alcune fra le menti illustri del ventennio pur mantenendo, nonostante la pressione politica, un’autonoma libertà di giudizio sugli eventi. Sergio Solmi, Palmiro Togliatti, Norberto Bobbio, Piero Gobetti sono solo alcuni dei grandi eruditi partoriti dalla Facoltà.
Alessio vive questo clima frizzante, post-bellico, in cui la città e il regno sono ormai coartati a seguire la linea politica del duce e dei suoi emissari.
Anche lo scrittore, come molti suoi concittadini e compagni di studi, rifiuta di scendere a patti con quella che definisce una “tragica pagliacciata”. Nel ’27, causa la denuncia di una zia alla polizia di regime, La Stampa ne rescinde immediatamente il contratto. Sono lontani i tempi in cui Luigi Salvatorelli contribuiva efficacemente alla lotta contro la dittatura attraverso i suoi robusti articoli politico-culturali, e ne sono passati soltanto due da quando Frassinelli è stato costretto a dimettersi dopo aver dichiarato espressamente la sua ribellione al Fascio. Alla direzione c’è ora Andrea Torre, voce fedele al padrone.
Alessio è costretto alle dimissioni e, per forza di cose, all’esilio.