Nato il 15 dicembre del 1923 con lo scopo di divulgare in tutta Italia le opere di autori giovani e sconosciuti, il “periodico di nuove commedie” si propone quale fiancheggiatore editoriale del Teatro Sperimentale di Bologna e della Piccola Cannobbiana di Milano. Entrambi i palcoscenici, infatti, appoggiando i nuovi scrittori e promuovendoli su territorio nazionale, contribuiscono a innovare e sviluppare il teatro contemporaneo: lo stesso si auspica di fare la rivista, consegnando al pubblico le pièces delle voci più promettenti del panorama recitativo italiano e straniero.
In ogni numero, dapprima mensile e successivamente quindicinale, sono contenuti un lavoro originale, alcuni articoli critici, novità, fotografie, aggiornamenti… Tra i diversi redattori spiccano in particolar modo Piero Gobetti, amico e collaboratore di Luigi Alessio, Pitigrilli, Luigi Pirandello, Adriano Tilgher, Rosso di San Secondo e molti altri.
L’impegno degli autori, congiuntamente all’appoggio dei lettori, permette a Teatro di affermarsi in un momento di grave crisi editoriale ed economica, superando ostacoli di carattere amministrativo, tipografico e divulgativo, arrivando così ad imporsi sulla scena letteraria di settore come una delle riviste più originali e coraggiose della prima metà del Novecento.
I successi di autori quali S. Naidienov e Romain Rolland consentono alla rivista di ottenere visibilità: il numero di soggetti esaminati dopo un anno di attività supera le quattrocento unità, un gran risultato se si considera che la testata, oltre ad essere appena nata, sopravvive grazie agli sforzi di un manipolo di volontari esenti da pretese utilitaristiche e disposti ad accollarsi gli oneri editoriali della stessa. In tal senso l’apporto del pubblico si rivela altrettanto fondamentale: i redattori non nascondono l’esigenza di supportare la rivista attraverso nuovi abbonamenti, pubblicizzandola tramite passaparola e chiedendo indirizzi di potenziali fruitori.
Quale esempio delle esigue risorse economiche a disposizione, basti ricordare che Luigi Alessio fonda insieme alla rivista «Teatro» la casa editrice Rinascimento, la cui sede si trova in Corso Vittorio Emanuele 87, nello stesso edificio dove vivono lo scrittore e la sua famiglia. Possiamo desumere che tutta l’attività redazionale di Alessio si svolga fra le mura di casa, le aule universitarie e le strade di quella brulicante e operosa città intellettuale che è la Torino degli anni ’20.
Nonostante l’ambientazione dimessa e casalinga, l’alacre impegno e la valida preparazione dei giurati che compongono la Commissione non fanno rimpiangere la necessità di giungere a una sistemazione più appropriata agli intenti: la severità di giudizio di Gobetti, Ruggi, Tilgher e del segretario Alessio sopperisce alle manchevolezze di carattere pratico, arrivando a concentrare gli sforzi verso un unico obiettivo: dare spazio al futuro della scena teatrale italiana. Va segnalato a questo proposito come Alessio non nasconda la delusione nei confronti della preparazione culturale e letteraria dei concorrenti, che oltre a svolgere scolasticamente il compito non mostrano la minima scintilla di fantasia, di comprensione dei problemi contemporanei, di distacco dagli stereotipi, di voglia di emergere per originalità, creatività, ambizione. Difficile trovare dunque chi disponga di carattere, chi sia pronto ad occupare un posto di spicco nel panorama teatrale nazionale, chi sappia sconvolgere, divertire o angosciare lo spettatore. Ciononostante, e con le dovute eccezioni, Alessio e la sua squadra di critici proseguono l’opera di mecenatismo intellettuale, giungendo non solo a introdurre, per la prima volta in Italia, importanti lavori stranieri, ma consentendo addirittura alle nuove leve la possibilità di vedersi rappresentare dal vivo drammi e commedie.
Nonostante il gruppo di lavoro non disponga di mezzi adeguati per procedere con il programma, i sacrifici dei pochi sono compensati dalla disponibilità del teatro San Marco di Livorno, già “patria di Mascagni, Niccodemi e Lopez” e realtà indiscussa del settore con 136 palchi, 40 attori e 3000 posti a sedere. Lo scopo è di bypassare l’iter burocratico cui si trovano confrontati gli esordienti permettendone il subitaneo “battesimo del fuoco”. In sostanza un accordo, quello tra il Gruppo Labronico di Livorno e la rivista torinese, avulso da sterili illusioni e voli pindarici: alla base di tutto vi è il lavoro, passo dopo passo, della Commissione e degli scrittori. Solo con un’accorta preparazione e il coraggio della giovane età, sostiene Alessio, si potrà giungere a rinnovare il teatro italiano e a vedere concretamente realizzato un ideale apparentemente utopico: contribuire in tempi difficili a sostenere chi appartiene a un’età il cui futuro è ancora tutto da scrivere e le cui energie devono riconosciute e valorizzate nella stessa misura dei sacrifici che le presiedono.